La libertà di stampa...
dalla A alla Z
In occasione della giornata mondiale vediamo l'abc dei paesi a rischio
Dalla A di Azerbaijan alla Z di Zimbabwe, passando per la Cina, l’Iran o il Turkmenistan: in tutto il mondo diversi Stati mettono in atto misure per controllare la rete Internet con lo scopo di bloccare il lavoro d’informazione di giornalisti, blogger e militanti per i diritti umani.
I metodi utilizzati sono diversi. Si va dalle “soluzioni” tecnologiche che bloccano i motori di ricerca o modificano le pagine “ostili”, a quelle economiche che impongono dei prezzi proibitivi per gli abbonamenti a internet. In diversi paesi vengono poi messe in atto svariate misure legislative che permettono il controllo delle discussioni in rete, degli scambi di mail, delle chat, ecc. Se si sale infine nella scala della repressione si arriva alla imprigionamento e alla tortura di giornalisti e militanti, anche solo per ottenere la loro password sui profili dei social network. L’atto ultimo è l’assassinio: nel 2012 sono stati uccisi 88 giornalisti e 47 citizen-journalist.
In occasione della giornata mondiale per la libertà di stampa facciamo un giro d’orizzonte, basandoci sul rapporto annuale pubblicato dall’organizzazione Reporter Sans Frontières (RSF)
Azerbaigian: Ermin Milli è uno scrittore e dissidente azero. Dopo aver lanciato una campagna tramite alcuni blog, Facebook et Twitter per denunciare la repressione del suo governo, nel 2009 Milli è stato condannato a due anni e mezzo di prigione. Dopo sedici mesi è stato rilasciato condizionalmente grazie alla campagna internazionale lanciata a suo favore su internet.
Bahrein: @angryarabiya ha più di 45'000 followers su Twitter. Il suo nome è Zainab al Khawaja ed è una giovane madre diventata sul web un simbolo delle manifestazioni per la libertà scoppiate in Bahrein del 2011. Più volte arrestata, attraverso Twitter Zainab continua a raccontare al mondo le repressioni di cui è vittima.
Cina: Secondo il rapporto di RSF, la Cina resta uno dei paesi col più alto tasso di cyber censura e, con un gran numero di giornalisti e di cyber attivisti in prigione, “non mostra alcun segno di miglioramento”.
Daghestan: La Repubblica semiautonoma del Daghestan è considerata la regione più pericolosa della Russia per i giornalisti. Negli ultimi anni diversi reporter sono stati uccisi. Nel 2009 la rivista Dosh, dedicata all’attualità politico-sociale del Caucaso, è stata premiata da STF per la qualità delle informazioni pubblicate. Da allora il suo sito è stato oggetto di attacchi informatici per limitare le prestazioni e renderlo impossibile da consultare.
Eritrea: L’Eritrea è ormai affezionata all’ultimo posto della graduatoria stilata da SRF. Nel paese il tasso di connessione a internet è infinitesimale e un abbonamento personale è vietato. Le autorità colpiscono anche i media eritrei attivi all’estero. Creata nel 2009 da alcuni giornalisti in esilio, Radio Erena è stata vittima di diversi cyber attacchi provenienti presumibilmente dal governo di Asmara.
Finlandia: Lo Stato scandinavo è l’esempio opposto e occupa ormai da tempo il primo posto mondiale per libertà di stampa. In Finlandia l’accesso ad internet ad alta velocità è un diritto garantito a tutti i cittadini dalla Costituzione.
Giappone: Nel paese del Sol levante l'informazione è sotto il controllo da parte di un sistema chiamato “kisha club”, le associazioni di giornalisti che operano per media tradizionali e che non ammettono tra i loro membri freelance o operatori del web. La prima conferenza stampa aperta ai media online e ai giornalisti indipendenti è stata nel 2009. Le censure imposte al soggetto “Fukushima” hanno fatto retrocedere di 31 posizioni il paese asiatico.
Honduras: Diciassette giornalisti sono stati uccisi in Honduras dopo il colpo di Stato del 2009. Itsmania Pineda Platero è giornalista e presidente di Xibalba, una ONG attiva in difesa dei diritti umani. È costantemente minacciata su internet, via Skype e Twitter, riceve cyber attacchi sulla sua posta privata e sul suo blog.
Iran: Secondo il rapporto di RSF, l’Iran fa uso di un mix tra “le nuove tecnologie che permettono di bloccare il web e di tecniche brutali come l’imprigionamento dei giornalisti per controllare il flusso d’informazioni, soprattutto quelle che riguardano il programma nucleare”.
Laos: Il paese è conosciuto per essere uno dei più isolati del sud est asiatico. I suoi media sono controllati dal Partito rivoluzionario del popolo, al potere dal 1975. Tutti i media di massa appartengono allo Stato e l’accesso a internet è fortemente controllato e sorvegliato. Ciononostante il tasso di cittadini connessi sta aumentando celermente.
Messico: Sono ormai i blog a raccontare la narco-guerra e la violenza che imperversa nel paese. Con 25 milioni di visite al mese nel 2012, il Blog del Narco è sicuramente il più conosciuto. A più riprese il blog ha subito dei cyber attacchi. Nel settembre del 2011 due collaboratori sono stati torturati, sventrati e appesi ad un ponte.
Nigeria: La censura di un documentario sul taglio ai sussidi governativi al carburante ha scatenato il movimento Occupy Nigeria. Secondo gli attivisti il documentario è diventato virale sui i blog nigeriani che hanno tentato di renderlo pubblico.
Oman: Mukhatar Mohamed Al-Hinaei è un blogger e attivista di questo piccolo sultanato. Lo scorso settembre è stato condannato ad un anno di prigione e ad una multa di 2'600 $ per avere insultato il Sultano Qaboos, al potere da 43 anni. Altre recenti decisioni giudiziarie concernono blogger e militanti per i diritti umani.
Pakistan: Lo scorso ottobre la blogger quattordicenne Malala Yousafzai è sfuggita ad un attentato rivendicato dalla costola locale dei talebani. La quasi totalità del traffico internet del paese passa tramite il Pakistan Internet Exchange. Questo sistema di controllo permette al governo di vietare l’accesso a siti “contrari al costume”, ad esempio Facebook, Youtube o la rivista Rolling Stones.
Qatar: Il principato dei Mondiali di calcio 2022 è uno degli stati arabi più connessi al web. Ed anche uno di quelli in cui internet è più censurato. Secondo fonti statunitensi il governo del Qatar censura internet attraverso un “proxy server” che monitora e blocca i siti, le mail e le chat.
Ruanda: Lo scorso mese di agosto è stata votata una legge che autorizza i servizi di sicurezza ad ascoltare tutte le conversazioni telefoniche e leggere gli e-mail privati. Questa legge punisce chiunque consulti su internet i siti non approvati dallo Stato.
Siria: Malgrado il conflitto la Siria non ha perso posizioni nella speciale graduatoria, dove occupa fissa la quart’ultima posizione. Prima ancora dello scoppio delle ostilità, i giornali e internet in Siria erano rigidamente sorvegliati dai moukhabarat, i servizi segreti. Secondo RSF in due anni sono rimasti uccisi 58 “giornalisti-cittadini”, i blogger che diffondono sui social network le atrocità del conflitto.
Turkmenistan: Lo Stato controllato dal “presidente” Gurbanguly Berdimuhammedow continua ad essere uno dei più ostili in quanto a libertà d’espressione e continua ad impedire, tecnicamente e finanziariamente, lo sviluppo di internet. La censura è imposta in maniera drastica e il “Turkmenet” è di fatto una piattaforma priva di qualsiasi soggetto politico e sociale. Solo il 2,2% dei turkmeni sono connessi.
Uzbekistan: Nel paese dell’Asia centrale viene usato un sistema che fa in modo che l’accesso ai siti dei dissidenti non sembri bloccato. Secondo RSF, le autorità uzbeche copierebbero i siti controversi e li modificherebbero in seguito con lo scopo di indebolire le prese di posizioni vietate.
Vietnam: Huynh Ngoc Chen è una blogger vietnamita premiata di recente con il “Netizen of the Year 2013”. Nel discorso tenuto in occasione della giornata mondiale contro la cyber censura, la blogger ha qualificato il Vietnam, di “nemico di Internet”.
Zimbabwe: Malgrado la censura imposta dal regime di Mugabe, l’utilizzo di internet si sta sviluppando nel paese africano. Alcune piattaforme online utilizzano appositi software per diffondere i messaggi politici.